Cassazione civile , sez. III, ordinanza 07.08.2008 n° 21418
Il Giudice di Pace di Reggio Calabria, dovendo giudicare una controversia relativa ad un incidente stradale con lesioni ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 102/2006, dichiara la propria incompetenza ritenendo che tale norma avesse attribuito la competenza per gli incidenti stradali con lesioni al Tribunale. Il Tribunale di Reggio Calabria, ove la causa è stata riassunta, a propria volta riteneva erronea la decisione del Giudice di Pace e sollevava, quindi, regolamento di competenza avanti alla Corte di Cassazione.
Con l’ordinanza n. 21418/2008 la Suprema Corte di Cassazione prende finalmente posizione sul punto e stabilisce alcuni principio fondamentali.
Innanzitutto si precisa che l’art. 3, L. 102/2006 non è da ritenersi norma speciale nei confronti della norma generale di cui all’art. 7 c.p.c. e, quindi, il legislatore non ha voluto in alcun modo derogare ai principi di competenza stabiliti dal codice di procedura civile. L’art. 3 può, e deve, incidere solo sulle norme processuali ovvero solo sul rito da adottare nel procedimento e non, quindi, sulle varie competenze. Poiché la norma di cui all’art. 413 c.p.c. contiene una disciplina relativa alla competenza per materia e per territorio, in stretta relazione però con l’art. 409 c.p.c. e quindi alle controversie di lavoro, non può considerarsi (l’art. 413 c.p.c.) una norma di diritto processuale a cui allude l’art. 3. Pertanto, la Suprema Corte di cassazione ha ritenuto di stabilire il seguente principio di diritto: «Deve escludersi che la norma dell'art. 3 della L. n. 102 del 2006, nel prevedere che alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro Il, titolo IV, capo I del codice di procedura civile, abbia attribuito al Tribunale la competenza su tali cause, così sottraendole alla previsione di competenza del giudice di pace per materia con limite di valore, di cui all'art. 7, secondo comma, c.p.c.».
Ma di fondamentale importanza, riteniamo, è quanto stabilisce nel prosieguo dell’ordinanza la Suprema Corte. Quest’ultima, infatti, ha ritenuto che: 1) il rito del lavoro non è compatibile con l’esercizio della giurisdizione da parte di un giudice onorario quale il Giudice di Pace; 2) l’intento del legislatore era quello di un rito più celere per tali tipologie di cause e assegnando assegnando uno strumento processuale sofisticato quale il rito del lavoro al Giudice di Pace si otterrebbe l’effetto contrario; 3) che l’applicazione del rito del lavoro avanti al Giudice di Pace comporta che nella pratica anche i danni a cose di minima entità debbano essere trattati con tale rito; 4) quando il legislatore detta una norma sul rito potenzialmente idonea ad essere applicata - come l'art. 3 di cui si discorre - anche al processo dinanzi al giudice di pace, perché la potenzialità sia effettiva e la norma possa essere interpretata nel senso d'essere applicabile anche dinanzi al giudice di pace, è necessario che essa disponga in tale senso "in modo espresso", cosa che il detto art. 3 non ha fatto in alcun modo, non contenendo alcun riferimento al processo dinanzi al Giudice di Pace. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha, quindi, stabilito quest’altro principio: «deve escludersi che l'intentio legis di cui è espressione l'art. 3 si sia voluta indirizzare nel senso di disporre l'applicabilità delle norme del c.d. rito del lavoro anche quando le cennate controversie debbano essere trattate dinanzi al giudice di pace, onde la norma in discorso si deve intendere riferita soltanto all'ipotesi di causa davanti al Tribunale ».
In sostanza, per concludere,la Corte di Cassazione ha stabilito che nei sinistri con lesioni, per cui sia competente per valore il Giudice di Pace, non si debba applicare il rito del lavoro ma il rito ordinario.