giovedì 21 aprile 2011

E’ vessatoria la clausola che vieta l’utilizzo della tessera SKY al di fuori della propria abitazione.

Uso della carta Sky fuori casa: eccessivo l'ammontare della penale prevista
Tribunale Sulmona, sentenza 25.02.2011 n° 110

E’ vessatoria la clausola che vieta l’utilizzo della tessera SKY al di fuori della propria abitazione.

Così ha precisato il Tribunale di Sulmona, a firma della dr.ssa Ciotti, nella sentenza 25 febbraio 2011, che ha annullato una penale da circa 7000,00 euro per l’uso della card sky fuori casa.

Il giudice del merito, oltre all’annullamento della clausola ritenuta vessatoria, ha fatto di più, entrando nel merito della questione e “ricostruendo” analiticamente la vicenda.

Un associato aveva portato la tessera Sky dalla propria abitazione nel locale della madre al fine di guardare la partita con alcuni amici.

Tale comportamento è stato giudicato “non corretto” da Sky che provvedeva, chiamando in giudizio il soggetto, alla richiesta del pagamento della penale di quasi euro 7000,00, per “presunta violazione” dell’articolo 5 del contratto stipulato in quanto “avrebbe utilizzato abusivamente il proprio abbonamento residenziale”

Il Giudice del tribunale di Sulmona occupandosi del modus operandi degli ispettori Sky ha sollevato dubbi circa la veridicità dei fatti affermati con la conseguente invalidità dei verbali redatti e non controfirmati dai “presunti trasgressori”.

Nella decisione che qui si commenta il giudice ha, quindi, messo in evidenza che la clausola in questione non era stata oggetto di trattativa con il consumatore.

Tale requisito è richiesto a pena di nullità dal codice del consumo, visto l’eccessivo ammontare della somma richiesta a titolo di penale.

Nelle controversie tra consumatore e professionista, infatti, oltre alla disciplina generale in tema di condizioni generali del contratto ex art. 1341 c.c., trova applicazione anche la disciplina di tutela del consumatore dettata dal decreto legislativo n. 206/2005, c.d. codice del consumo.

La Direttiva comunitaria del 5 aprile 1993, n. 93113, recepita nel nostro ordinamento dalla legge n. 52/1996, ha introdotto nel codice civile una nuova disciplina volta a stabilire che le clausole contrattuali devono essere redatte in maniera chiara e comprensibile in quanto, in caso di dubbio, il contratto dovrà essere interpretato nel senso più favorevole al consumatore.

Le clausole vessatorie, quindi, devono essere considerate inefficaci a meno che il professionista non dimostri che esse sono frutto della trattativa contrattuale con il cliente; questo, nella vicenda oggetto di commento non è accaduto....

mercoledì 30 marzo 2011

Overbooking, il tour operator risponde dei danni

Trib. di Bergano, 28 settembre 2010, n. 1999

Per la corte lombarda è agevole presumere che, in ragione delle modalità del rientro, che ha visto frazionarsi il percorso in più voli ed aumentare i tempi di attesa rispetto al previsto, la vicenda in oggetto abbia cagionato agli attori dei disagi, in termini di sofferenza psicologica dovuta alla percezione della situazione di incertezza del rientro da un Paese straniero ed alla necessità di aspettare le sorti dell'overbooking.

L'art. 93, ult. comma, cod. consumo prevede che "l 'organizzatore o il venditore che si avvale di altri prestatori di servizi è comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti".

Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, l'organizzatore o venditore di un pacchetto turistico -secondo quanto stabilito nell'art. 14, D.Lgs. n. 111 del 1995, emanato in attuazione della direttiva comunitaria e applicabile ai rapporti sorti anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 2005 (codice del Consumo)- è tenuto a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore, a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche quando la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altri prestatori di servizi (come il vettore), salvo il diritto a rivalersi nei confronti di questi ultimi (cfr.: Cass., 13 novembre 2009, n. 24044).

Nel caso di specie, posto che non vi è prova in ordine all'inadempimento diretto del tour operator convenuto ed in particolare del fatto che lo stesso già sapesse da giorni del blocco dei voli della compagnia di bandiera, risultando piuttosto che lo stesso lo apprese soltanto il giorno prima, in presenza dell'inadempimento del vettore, si tratta di stabilire, alla luce delle circostanze del caso di specie, quali danni abbiano in concreto subito gli attori a causa della cancellazione del volo di ritorno.

La compagnia aerea inadempiente provvide a riproteggere i passeggeri dei voli cancellati, senza costi aggiuntivi, ma gli attori per ottenere la riprotezione, poterono viaggiare soltanto in classe business anziché in economy, corrispondendo una cifra aggiuntiva ciascuno al funzionario della compagnia aerea.

A titolo di danno patrimoniale è stato riconosciuto a ciascuno degli attori il rimborso di questo importo.

Per quanto attiene al danno non patrimoniale, in ragione degli elementi di fatto acquisiti, è agevole presumere che, in ragione delle modalità del rientro, che ha visto frazionarsi il percorso in più voli ed aumentare i tempi di attesa rispetto al previsto, la vicenda in oggetto abbia cagionato agli attori dei disagi, in termini di sofferenza psicologica dovuta alla percezione della situazione di incertezza del rientro da un Paese straniero ed alla necessità di aspettare le sorti dell'overbooking.

Tale danno va liquidato equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa.