Con la sentenza n. 22597 del 26.10.2009, la terza sezione della Corte di Cassazione interviene a regolare una questione procedurale di frequente verificazione in seno ai giudizi aventi ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale enunciando un principio che, se pur riferito all’art. 22, l. n. 990/69 – applicabile ratione temporis ai fatti di causa – è senz’altro applicabile sotto l’attuale vigenza dell’art. 145 del Codice delle Assicurazioni Private.
Lo schema preso a riferimento dalla pronuncia è quello tipico in cui il proprietario e/o conducente di un veicolo citi in giudizio il proprietario del veicolo antagonista e la compagnia di assicurazione di quest’ultimo. Parte convenuta, costituendosi in giudizio, senza aver preventivamente richiesto il risarcimento con lettera raccomandata alla compagnia di assicurazione dell’attore, propone domanda riconvenzionale di risarcimento danni nei confronti dell’attore stesso, il quale – di conseguenza – chiama in garanzia il proprio assicuratore.
Nella fattispecie, peraltro, in sede di conclusioni il convenuto in riconvenzionale aveva esteso la propria domanda risarcitoria anche all’assicuratore di controparte, esercitando in sostanza l’azione diretta.
La Corte di Cassazione dichiara improponibile la domanda riconvenzionale, proposta dal convenuto direttamente nei confronti della compagnia dell’attore, perché non preceduta dalla lettera di messa in mora e dal decorso dei canonici sessanta giorni di spatium deliberandi.
Sino a qui nulla quaestio: la pronuncia, infatti, si innesta nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, ai fini della proponibilità, l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore deve essere sempre preceduta dall’invio della lettera di messa in mora, anche nell’ipotesi in cui venga esercitata nella forma della domanda riconvenzionale.
La soluzione apprestata nelle precedenti pronunce al caso sopra prospettato, tuttavia, prevedeva che, ferma l’improponibilità dell’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione, anche se esercitata in via riconvenzionale, rimaneva comunque pienamente ammissibile la domanda risarcitoria proposta dal convenuto nei confronti dell’attore in applicazione della regola generale sancita dall’art. 2054 c.c., nonché la conseguente domanda di garanzia proposta da quest’ultimo nei confronti della propria compagnia di assicurazione.
Sul punto, il principio enunciato da Cassazione 22597/09 è estremamente innovativo.
La Suprema Corte, infatti, stabilisce:
“la condizione di proponibilità della domanda (…) opera sia nel caso di azione diretta (…) che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'articolo 2054 cod. civ..
Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente.
Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'articolo 2054 cod. civ. contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a.”
Secondo i Giudici di Piazza Cavour, in altri termini, chi sia stato convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale in relazione di un sinistro riconducibile all’area di applicazione dell’assicurazione obbligatoria, non può in nessun caso proporre una propria domanda di risarcimento danni in via riconvenzionale, se non ha preventivamente messo in mora la compagnia di assicurazione della controparte e non sia decorso il termine dilatorio previsto dall’art. 145 Cod. Ass..
La domanda riconvenzionale, in particolare, non potrà essere esercitata neppure nei confronti del proprietario e conducente sulla base delle regole ordinarie stabilite dall’art. 2054 c.c., in quanto a quest’ultimo – sembra potersi desumere dal tenore della decisione della Corte – sarebbe inibita, in assenza di regolare messa in mora della propria compagnia di assicurazione e del decorso del predetto termine, finanche la domanda di garanzia.
Si tratta, come è evidente, di un principio rivoluzionario, nella misura in cui afferma e riconosce a chiare lettere, in definitiva, che la disciplina dettata in tema di assicurazione obbligatoria e di azione diretta introduce una deroga alle regole generali che presidiano il sistema della responsabilità civile e, conseguentemente, le ordinarie regole del processo.
La conclusione alla quale giunge la Corte di Cassazione apre molteplici questioni, anche di teoria generale del diritto e del processo, che meritano senz’altro grande approfondimento.
Lo schema preso a riferimento dalla pronuncia è quello tipico in cui il proprietario e/o conducente di un veicolo citi in giudizio il proprietario del veicolo antagonista e la compagnia di assicurazione di quest’ultimo. Parte convenuta, costituendosi in giudizio, senza aver preventivamente richiesto il risarcimento con lettera raccomandata alla compagnia di assicurazione dell’attore, propone domanda riconvenzionale di risarcimento danni nei confronti dell’attore stesso, il quale – di conseguenza – chiama in garanzia il proprio assicuratore.
Nella fattispecie, peraltro, in sede di conclusioni il convenuto in riconvenzionale aveva esteso la propria domanda risarcitoria anche all’assicuratore di controparte, esercitando in sostanza l’azione diretta.
La Corte di Cassazione dichiara improponibile la domanda riconvenzionale, proposta dal convenuto direttamente nei confronti della compagnia dell’attore, perché non preceduta dalla lettera di messa in mora e dal decorso dei canonici sessanta giorni di spatium deliberandi.
Sino a qui nulla quaestio: la pronuncia, infatti, si innesta nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, ai fini della proponibilità, l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore deve essere sempre preceduta dall’invio della lettera di messa in mora, anche nell’ipotesi in cui venga esercitata nella forma della domanda riconvenzionale.
La soluzione apprestata nelle precedenti pronunce al caso sopra prospettato, tuttavia, prevedeva che, ferma l’improponibilità dell’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione, anche se esercitata in via riconvenzionale, rimaneva comunque pienamente ammissibile la domanda risarcitoria proposta dal convenuto nei confronti dell’attore in applicazione della regola generale sancita dall’art. 2054 c.c., nonché la conseguente domanda di garanzia proposta da quest’ultimo nei confronti della propria compagnia di assicurazione.
Sul punto, il principio enunciato da Cassazione 22597/09 è estremamente innovativo.
La Suprema Corte, infatti, stabilisce:
“la condizione di proponibilità della domanda (…) opera sia nel caso di azione diretta (…) che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'articolo 2054 cod. civ..
Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente.
Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'articolo 2054 cod. civ. contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a.”
Secondo i Giudici di Piazza Cavour, in altri termini, chi sia stato convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale in relazione di un sinistro riconducibile all’area di applicazione dell’assicurazione obbligatoria, non può in nessun caso proporre una propria domanda di risarcimento danni in via riconvenzionale, se non ha preventivamente messo in mora la compagnia di assicurazione della controparte e non sia decorso il termine dilatorio previsto dall’art. 145 Cod. Ass..
La domanda riconvenzionale, in particolare, non potrà essere esercitata neppure nei confronti del proprietario e conducente sulla base delle regole ordinarie stabilite dall’art. 2054 c.c., in quanto a quest’ultimo – sembra potersi desumere dal tenore della decisione della Corte – sarebbe inibita, in assenza di regolare messa in mora della propria compagnia di assicurazione e del decorso del predetto termine, finanche la domanda di garanzia.
Si tratta, come è evidente, di un principio rivoluzionario, nella misura in cui afferma e riconosce a chiare lettere, in definitiva, che la disciplina dettata in tema di assicurazione obbligatoria e di azione diretta introduce una deroga alle regole generali che presidiano il sistema della responsabilità civile e, conseguentemente, le ordinarie regole del processo.
La conclusione alla quale giunge la Corte di Cassazione apre molteplici questioni, anche di teoria generale del diritto e del processo, che meritano senz’altro grande approfondimento.