giovedì 10 maggio 2012
Rc auto, vizi di contenuto della richiesta risarcitoria: quali conseguenze? Corte Costituzionale , sentenza 03.05.2012 n° 111
In tema di risarcimento danni da circolazione stradale, come noto, l’art. 145 Cod. Ass. Priv. subordina la proponibilità della domanda giudiziaria di risarcimento del danno alla persona, riportato in conseguenza di sinistro stradale, al decorso del c.d. spatium deliberandi di 90 giorni a partire dal momento in cui il danneggiato abbia presentato all’impresa di assicurazione un’istanza di risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, “avendo osservato le modalità e i contenuti previsti dall’articolo 148”.
L’art. 148, in particolare, prevede che la richiesta di risarcimento
1) deve contenere:
l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento;
la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro;
2) deve essere accompagnata:
dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite;
da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti;
dalla dichiarazione ai sensi dell’articolo 142, comma 2, del decreto legislativo n. 209 del 2005, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima.
Una richiesta risarcitoria che non risponda a tutti i requisiti formali di indicazione, descrizione e allegazione richiesti dall’art. 148, presenta un vizio di contenuto di per sé idoneo ad impedire il decorso dello spatium deliberandi previsto dall’art. 145 e determina, pertanto, l’improponibilità dell’azione risarcitoria e della domanda giudiziale.
Lo ha confermato la Corte Costituzionale nella sentenza 3 maggio 2012, n. 111 in cui la Consulta ha inteso precisare che l’istituto dell’improponibilità della domanda così inteso, rigorosamente risultante dal combinato disposto degli artt. 145 co. 1 e 148 co. 2 C.d.S., è pienamente conforme al dettato della Costituzione e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
Secondo i Giudici, l’onere di conformazione della richiesta risarcitoria non menoma in alcun modo, né sul piano sostanziale né sul piano processuale, la tutela del danneggiato, ma al contrario, ponendosi in rapporto funzionale con l’obbligo – posto dalla medesima normativa a carico dell’assicuratore – di formulare una congrua offerta risarcitoria in tempi prestabiliti – ha la funzione di rafforzare le possibilità di difesa offerte al danneggiato.
L’onere di diligenza preteso dal danneggiato, in altri termini, si raccorda coerentemente con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore.
La Corte Costituzionale, per altro verso, evidenzia come la previsione normativa in esame – in ogni caso – non produce alcuna restrizione di tutela sul piano sostanziale, essendo destinata ad esaurire completamente i suoi effetti sul piano processuale. La declaratoria di improponibilità dell’azione ex artt. 145 e 148 Cod. Ass. Priv., infatti, non preclude al danneggiato la possibilità di riproporre la domanda risarcitoria, nel rispetto delle predette disposizioni ed entro i termini di prescrizione del diritto, curando di sottolineare che, trattandosi di pronuncia di rito, la domanda dichiarata improponibile interrompe i termini di prescrizione, che però iniziano subito a decorrere nuovamente, senza che possa realizzarsi l’effetto “interruttivo/sospensivo” previsto dall’art. 2945 co. 2 c.c.
I principi giuridici autorevolmente espressi in Corte Costituzionale 3 maggio 2012, n. 111 sono destinati ad incidere sensibilmente sugli orientamenti della giurisprudenza di merito, in special modo dei giudici di pace, quotidianamente chiamata a decidere sulle eccezioni di improponibilità sollevate dalle compagnie di assicurazione e, molto spesso, propensi a fare propria un’interpretazione piuttosto elastica e non formalistica dei precetti normativi in esame.
In questa prospettiva, non va sottovalutato che la Consulta, nella fattispecie, ha deciso la questione di legittimità con una “semplice” sentenza di rigetto, non ricorrendo allo strumento della sentenza interpretativa.
I Giudici costituzionali, in parole povere, hanno ritenuto:
a) che l’art. 145 co. 1 Cod. Ass. Priv., letto in combinato disposto con il successivo art. 148 co. 2, debba essere interpretato secondo il significato letterale delle norme, nel senso che la violazione dell’onere di conformazione della richiesta risarcitoria a tutti i requisiti formali richiesti comporta l’improponibilità della domanda giudiziale;
b) che la disposizione, così rigorosamente interpretata, non contrasta con principi di rango costituzionale.