Uso della carta Sky fuori casa: eccessivo l'ammontare della penale prevista
Tribunale Sulmona, sentenza 25.02.2011 n° 110
E’ vessatoria la clausola che vieta l’utilizzo della tessera SKY al di fuori della propria abitazione.
Così ha precisato il Tribunale di Sulmona, a firma della dr.ssa Ciotti, nella sentenza 25 febbraio 2011, che ha annullato una penale da circa 7000,00 euro per l’uso della card sky fuori casa.
Il giudice del merito, oltre all’annullamento della clausola ritenuta vessatoria, ha fatto di più, entrando nel merito della questione e “ricostruendo” analiticamente la vicenda.
Un associato aveva portato la tessera Sky dalla propria abitazione nel locale della madre al fine di guardare la partita con alcuni amici.
Tale comportamento è stato giudicato “non corretto” da Sky che provvedeva, chiamando in giudizio il soggetto, alla richiesta del pagamento della penale di quasi euro 7000,00, per “presunta violazione” dell’articolo 5 del contratto stipulato in quanto “avrebbe utilizzato abusivamente il proprio abbonamento residenziale”
Il Giudice del tribunale di Sulmona occupandosi del modus operandi degli ispettori Sky ha sollevato dubbi circa la veridicità dei fatti affermati con la conseguente invalidità dei verbali redatti e non controfirmati dai “presunti trasgressori”.
Nella decisione che qui si commenta il giudice ha, quindi, messo in evidenza che la clausola in questione non era stata oggetto di trattativa con il consumatore.
Tale requisito è richiesto a pena di nullità dal codice del consumo, visto l’eccessivo ammontare della somma richiesta a titolo di penale.
Nelle controversie tra consumatore e professionista, infatti, oltre alla disciplina generale in tema di condizioni generali del contratto ex art. 1341 c.c., trova applicazione anche la disciplina di tutela del consumatore dettata dal decreto legislativo n. 206/2005, c.d. codice del consumo.
La Direttiva comunitaria del 5 aprile 1993, n. 93113, recepita nel nostro ordinamento dalla legge n. 52/1996, ha introdotto nel codice civile una nuova disciplina volta a stabilire che le clausole contrattuali devono essere redatte in maniera chiara e comprensibile in quanto, in caso di dubbio, il contratto dovrà essere interpretato nel senso più favorevole al consumatore.
Le clausole vessatorie, quindi, devono essere considerate inefficaci a meno che il professionista non dimostri che esse sono frutto della trattativa contrattuale con il cliente; questo, nella vicenda oggetto di commento non è accaduto....
giovedì 21 aprile 2011
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